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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 136
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originale
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136 Multa etiam sunt a te ex historiis prolata somnia, matris Phalaridis, Cyri superioris, matris Dionysi, Poeni Hamilcaris, Hannibalis, P. Deci; pervulgatum iam illud de praesule, C. Gracchi etiam et recens Caeciliae, Baliarici filiae, somnium. Sed haec externa ob eamque causam ignota nobis sunt, nonnulla etiam ficta fortasse: quis enim auctor istorum? De nostris somniis quid habemus dicere? Tu de emerso me et equo ad ripam, ego de Mario cum fascibus laureatis me in suum deduci iubente monumentum.
Omnium somniorum, Quinte, una ratio est; quae, per deos immortalis, videamus ne nostra superstitione et depravatione superetur.
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traduzione
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136 Tu hai menzionato anche molti altri sogni tratti da narrazioni storiche: della madre di Falaride, di Ciro il vecchio, della madre di Dionisio, del cartaginese Amilcare, di Annibale, di Publio Decio; notissimo ? inoltre quel sogno riguardante il pr?sule, e cos? pure quello di Gaio Gracco e l'altro, recente, di Cecilia figlia di Metello Balearico. Ma questi sogni sono estranei a noi e perci? ci rimangono ignoti; alcuni forse sono anche inventati: chi ne ? il garante? Quanto ai nostri sogni, che cosa possiamo dire? Tu puoi menzionare quello riguardante me e il mio cavallo che vedesti riemergere e venire a riva, io quello di Mario, che, coi fasci ornati d'alloro, ordinava che io fossi condotto nel tempio da lui edificato.
Di tutti i sogni, caro Quinto, una sola ? la causa; e noi, per gli d?i immortali, stiamo attenti a non oscurarla con la nostra superstizione e con le nostre idee distorte.
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